lunedì 27 ottobre 2014

Nei boschi di Felina (Reggio Emilia) domenica 26 ottobre

L'aria frizzante del mattino arrossa le guance ma il tiepido sole promette una piacevole giornata. Si viaggia lungo la Brennero per raggiungere le marmotte emiliane. Oggi scopriamo i boschi intorno al piccolo centro di Felina, poco più di una trentina di chilometri da Reggio Emilia, in un inerpicarsi morbido sulle colline dell'Appennino. La scia di auto scala l'asfalto, si sale sino a 600 metri, in lontananza la Pietra di Bismantova un altipiano che "svetta" sull'orizzonte dalla forma morfologicamente curiosa, montagna citata anche da Dante Alighieri nel quarto canto del Purgatorio della Divina Commedia. Oltrepassata Felina si aprono ampie radure boschive. Guanti e sacchetti in pole position e via dentro la foresta, determinatissime nella caccia alle castagne!
Le costanti piogge di quest'anno hanno pregiudicato a dire il vero la qualità di questi buonissimi frutti inoltre il bosco testimonia il massiccio passaggio di altri cercatori, ma la costanza premia e castagne di discrete dimensioni ne troviamo pure noi. Intorno la natura svela la propria anima più intima e gioca disegnando texture sulle cortecce e sui tronchi muschiati, trame di foglie e rami ravvivati dai filtri solari e dispersi sulle dolci pendenze e soprattutto la bellezza dei colori autunnali. La raccolta è soddisfacente, la sgambata leggera, la compagnia fantastica.

mercoledì 22 ottobre 2014

Grandi Donne: ALEXANDRA DAVID-NEEL, una donna a Lhasa

Una vita lunga e intrepida. Alexandra David-Nèel non è solo la grande viaggiatrice, antropologa, orientalista e fotografa, piuttosto una grande esploratrice di lande e cuori lontani. Nata in Francia a Saint-Mandè il 24 ottobre 1868 da una famiglia benestante, Alexandra mostra subito i segnali di un caratteristico anticonformismo. Lo sguardo penetrante, il carattere forte e deciso, è una ragazza ribelle in cerca di una prospettiva di vita diversa, lontana dai dettami salottieri dell'epoca. La voglia di libertà caratterizzano Alexandra sin da piccola e appena diciottenne abbandona la casa dei suoi genitori per viaggiare in sella ad una bicicletta con la quale si dirige in Spagna, tocca la Francia e successivamente arriva in Inghilterra. Dopo aver fatto ritorno a Parigi nel 1892 si iscrive alla Società Teofisica dove conosce la fondatrice Helena Blavatsky e approfondisce gli studi sul buddismo tibetano entrando nel circuito di esoteristi dell'epoca e nei movimenti femministi. Il passo per abbandonare le comodità dei salotti europei di fine Ottocento e trasferirsi in Oriente è breve. Grazie ad una eredità familiare visita tutta l'India, esperienza che la segna profondamente nell'animo. Nel 1899 scrive un saggio libertario con lo pseudonimo di Alexandra Myrial intitolato  Pour la vie. Tuttavia l'opera non trova nessun editore tanto coraggioso da pubblicarla e solo Jean Haustont, suo convivente, la fa stampare a proprie spese. Lo scritto si diffonde rapidamente negli ambienti anarchici e viene tradotto in cinque lingue, compreso il russo, pur rimanendo al di fuori della grande distribuzione.
Ma la saggistica e lo studio orientalista non sono sufficienti per vivere e Alexandra mette a frutto un'altra sua dote eccellente: il canto. E cosi comincia a girare il mondo come cantante lirica divenendo prima donna all'Opera di Hanoi. Nel 1902 accetta la proposta del teatro di Tunisi che le offre la direzione artistica e si trasferisce in Africa settentrionale dove conosce l'ingegnere ferroviario Philippe Néel che sposa nel 1904. Ma la vita matrimoniale non sopisce i tumulti di una personalità eclettica e lo spirito vagabondo di Alexandra, e nel 1911 è di nuovo in esplorazione: Cina, Giappone, India e Nepal sono le sue mete. Tra il 1914 e il 1916 vive in eremitaggio in una caverna del Sikkim praticando esercizi spirituali con il giovanissimo monaco tibetano Aphur Yongden che diventerà suo figlio adottivo. Nel frattempo, appoggiandosi alla Società Teosofica, studia il sapere misterico orientale, apprendendo la lingua sancrita e approfondendo gli studi di filosofia massonica. E' il 1924 e tra le vallate desolate del Tibet si aggira una donna. Gli abiti sporchi e trasandati la fanno assomigliare ad una semplice pellegrina. In realtà pochi o forse nessuno sa che quella viandante dai capelli scuri è una famosa esploratrice e che è diretta a Lhasa, la città proibita agli stranieri, prima donna occidentale a giungervi dopo otto lunghi mesi di marcia attraverso la Mongolia e tutto il Tibet. Questa avventura, che la renderà famosa nel mondo viene raccontata nel suo libro "My Journey to Lhasa".
Scoperta dalla polizia, Alexandra è costretta a tornare in Francia nel 1925. Dopo essersi separata dal marito va a vivere in Provenza, a Digne, e lì costruisce la sua "fortezza di meditazione" dove scrive alcuni dei suoi trenta libri, "Nel paese dei briganti gentiluomini""Mistici e maghi del Tibet". Nel 1937, desiderosa di studiare le ramificazioni del buddismo in regioni marginali come la Siberia e la Mongolia riparte con il fedele Yongden. Attraversano la Transiberiana in treno, ma arrivati in Cina rimangono bloccati a causa della guerra cino-giapponese, soffrendo fame e disagi. Dopo essere stati anche in India, ritornano trionfalmente in Francia nel 1946 e si stabiliscono nuovamente a Digne, nella casa-monastero di Samten-Dzong. I libri trovano un pubblico sempre più entusiasta e vengono tradotti in molte lingue. Poi anche l'amato figlio adottivo scompare nel 1955 lasciandole un vuoto incolmabile. Negli anni successivi Alexandra lavora senza sosta alle sue pubblicazioni senza mai arrendersi agli acciacchi dell'età, scrive e tramanda ai suoi seguaci gli insegnamenti di un sapere che faccia da ponte tra il pensiero d'Occidente e quello d'Oriente. All'età di 100 anni rinnova il passaporto pensando di ripartire ancora. Viene intanto onorata della medaglia d'oro della Società Geografica di Parigi e nominata cavaliere della Legion d'Onore. La scrittrice-esploratrice più nota del Novecento scompare l'8 settembre 1969 e, memore delle sue ultime volontà,  le sue ceneri vengono portate a Benares e da lì lasciate scorrere lungo le acque del Gange.

martedì 14 ottobre 2014

Le meravigliose cascate del Saent (domenica 12 ottobre)

Non sembra vero ma la nostra domenica ottobrina si apre con un timido sole! Per nulla condizionate dagli umori di un meteo quanto mai improbabile, si decide di andare a scoprire le cascate del Saent in uno degli angoli più suggestivi del Trentino, nel cuore stesso del Parco Nazionale dello Stelvio. Da Trento si inforca la statale 42 della Val di Sole e Val di Non, il regno delle mele tanto per intenderci. All'altezza di Malè seguiamo l'indicazione per la bellissima Val di Rabbi e raggiungendo successivamente il parcheggio in località Coler (mt 1380). Lo zaino è pronto, infiliamo gli scarponcini e attacchiamo il largo sentiero sterrato che costeggia il torrente Rabbies. L'impetuoso corso d'acqua porta i segni dei continui rovesci temporaleschi trascinando con sé radici informe e fusti di alberi sradicati dalla furia dell'acqua. Ora il terreno sale seccamente. Poi il respiro del bosco, il silenzio quasi magico rotto dai nostri passi e in lontananza il sentore della cascata. Percorriamo un sentiero curatissimo, ripidi scalini tagliano il fiato e il Rabbies diventa una massa vorticosa d'acqua. Lungo il tracciato s'incontrano piccole balconate intese come punti di osservazione dove ammirare la spettacolare cascata bassa del Saent. Zampilli d'acqua librano in aria per poi infrangersi sulle nude rocce. Dai che si sale. Più in alto il grande salto superiore della cascata, centinaia di metri cubi d'acqua che precipitano davanti a noi, poi il percorso scosceso raggiunge il Doss dela Cros quasi a quota 1800 metri. Una pausa mentre intorno il bosco esplode dei colori dell'autunno. Oltre la selva dei rossi, dei gialli, degli arancioni si apre la suggestiva Prà del Saent, regno delle marmotte, dominata dalla Scalinata dei Larici monumentali, una vera scalinata di ben 700 gradini al cospetto di ventitré giganti verdi ultracentenari e tutti con un nome che li identifica e ne traccia la storia. In fondo le Cascate Alte del Saent. La baita ai piedi della scalinata è aperta, inebriante l'odore del legno, addirittura un locale si accende automaticamente al nostro passaggio grazie a una serie di piccoli pannelli fotovoltaici. Vorremmo continuare verso il rifugio Dorigoni ma le ore luce cominciano a ridursi, recuperiamo il sentiero 106 mentre il cielo s'incupisce regalandoci qualche goccia d'acqua. Si raggiunge la Malga Stablasolo e più in basso il parcheggio...